Sicuramente la cinematografia americana ha contribuito molto nel facilitare false credenze rispetto alla professione dello psicologo, e quella più eclatante è sicuramente che in ogni studio ci sia un lettino su cui il paziente si deve sdraiare. Anche questo, come per l’interpretazione dei sogni, è un aspetto peculiare di alcuni approcci psicodinamici di origine e ispirazione freudiana e post-freudiana (“l’analisi”, appunto), ma che non viene utilizzato, per esempio, in altre forme di psicoterapia.
L’utilizzo del lettino ha la funzione di indurre nel paziente uno stato di abbandono delle resistenze. Il terapeuta è generalmente seduto dietro al lettino, in modo da non essere visto dal paziente e da non influenzare, con la sua presenza, l’accesso ai contenuti inconsci della psiche del paziente.
Molto più comunemente oggi una seduta, o colloquio psicologico, avviene vis-à-vis: terapeuta e paziente sono seduti su poltrone o sedie, intraprendendo uno scambio comunicativo interattivo e focalizzato sulla relazione tra terapeuta e cliente. La scelta di utilizzare o meno il lettino è strettamente legata al modello terapeutico di riferimento e alle tecniche utilizzate dal singolo terapeuta.
In un setting terapeutico flessibile è possibile reperire soluzioni differenti in cui effettuare diversi tipi di intervento. Si possono trovare sedie separate da una scrivania, poltrone in posizione frontale o un lettino o divano, che rispondono a esigenze diverse e non per forza in antitesi. Il lettino stesso non è più prerogativa unica dello psicoanalista e può essere utile, per esempio, alla pratica delle tecniche di rilassamento più proprie di una psicoterapia di orientamento cognitivo-comportamentale o integrato.